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All'alba del Trecento l'Italia era la terra più ricca d'Europa, la più avanzata culturalmente. Sotto la cenere di tale splendore, tuttavia, covavano le braci ardenti di conflitti mai sopiti: nel Meridione le sanguinose lotte tra papato, baroni e pretendenti al trono di Napoli, al Nord le bellicose vicende che avevano portato all'affermarsi dei Comuni e poi delle Signorie. Partendo da queste premesse Marco Scardigli racconta l'evolversi della guerra in Italia dal 1300 al 1527, l'anno del sacco di Roma a opera dei lanzichenecchi che pose fine al ruolo internazionale della penisola. Assistiamo così agli ultimi scontri tra guelfi e ghibellini, alla parabola dei capitani di ventura, all'arrivo dei possenti eserciti stranieri. Ma anche alla nascita di una sensibilità nuova, "moderna": gli anni dal Tre al Cinquecento furono infatti segnati da una sequenza di guerre, scontri, massacri, eppure sono ricordati come i secoli d'oro dell'arte e della cultura italiane, l'epoca dell'Umanesimo e del Rinascimento. Arte e guerra, in realtà, sono le due facce di una stessa medaglia, due aspetti di quella vocazione alla grandezza che distinse i protagonisti dell'epoca, da Cangrande della Scala a Ludovico il Moro. Ed è impossibile dimenticare che, accanto ai colpi dei primi cannoni, convivevano le pennellate di Raffaello e i colpi di scalpello di Michelangelo.